Il 23 febbraio 2002 è entrato in vigore il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che definisce i Livelli essenziali di assistenza (LEA), vale a dire le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale.Quando si affrontano questi temi, indipendentemente dalla volontà politica di offrire più o meno "servizio sanitario nazionale" e, di conseguenza, imporre più o meno prelievo fiscale, uno dei problemi più o meno nascosti è che le scelte vengono supportate dalle evidenze scientifiche.I LEA sono organizzati in tre grandi Aree:
E’ molto importante ricordare che le prestazioni e i servizi inclusi nei LEA rappresentano il livello “essenziale” garantito a tutti i cittadini ma le Regioni, come hanno fatto fino ad oggi, potranno utilizzare risorse proprie per garantire servizi e prestazioni ulteriori rispetto a quelle incluse nei LEA. (ministerosalute.it)
- l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro
- l’assistenza distrettuale
- l’assistenza ospedaliera
La Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni ha il compito di valutare, in relazione alle risorse definite, i fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all’aggiornamento dei LEA.
La Commissione, nominata e presieduta dal Ministro della salute, è composta da esperti nominati dal Ministero della salute, dalle Regioni e dal Ministro dell’economia e delle finanze. Con decreto firmato l’8 gennaio 2008 il Ministro ha provveduto a nominare la nuova Commissione.
La precedente Commissione era stata costituita con Decreto ministeriale 25 febbraio 2004, e modificata con il Decreto ministeriale del 3 agosto 2005 che ha sostituito due componenti.
I documenti prodotti dalla Commissione sono alla base del DPCM con i nuovi Lea varato dal Governo il 23 aprile 2008. (ministerosalute.it)
Abbiamo già sottolineato come non sempre le evideze scientifiche siano prodotte nel solo e massimo interesse dei pazienti e come, d'altra parte, non tutte le osservazioni che appaiono "evidenti" raggiungano i crismi dell'evidenza scientifica ufficiale.
Il problema è quindi quello di definire politicamente quali sono i criteri che devono guidare nella scelta dei trattamenti da considerare essenziali.
Ovvio che si devono considerare la gravità delle malattie, l'efficacia dei diversi trattamenti, e il loro costo. Ma non solo.
Un primo criterio si potrebbe far risalire a Ippocrate (ca. 460-ca.377 B.C.) e cioè quel Primum Non Nocere che dovrebbe ispirare la professione medica. Il fatto di preferire innanzitutto i trattamenti con meno effetti collaterali ha anche una rilevanza politica nel lungo termine poichè gli effetti collaterali scatenati dai trattamenti di oggi diventeranno nuove patologie (e quindi nuovi costi da sostenere) domani.
Spesso però gli interventi con meno effetti collaterali sono quelli di prevenzione primaria che vanno contro gli interessi delle Aziende Farmaceutiche e che non ricevono molti fondi per la ricerca ... quindi non hanno molte evidenze.
Un secondo criterio è di sicuro quello dell'efficacia del trattamento: se c'è un trattamento più efficace (a parità di effetti collaterali) sarà di sicuro da preferire. Ma a parità di efficacia?
Io credo che andrebbe preferito il trattamento più economico poichè, ovviamente, potrebbe essere esteso ad un numero maggiore di pazienti con un costo inferiore per la società.
Anche questo criterio va contro gli interessi delle Aziende Farmaceutiche.
La scelta in base alla gravità delle patologie sembrerebbe più semplice.
Ma anche i pazienti e in particolar modo le associazioni di pazienti possono ostacolare questo processo pretendendo che "tutte" le cure per la loro patologia siano considerate essenziali, principio che pur essendo comprensibile non ha niente a che vedere con il ruolo assistenziale di uno stato.
Il punto è che uno stato ha risorse limitate (e tanto più limitate quante meno tasse vuol far pagare ai suoi cittadini) e quindi non può regalare tutto a tutti ma deve scegliere cosa a chi.
Per fare un esempio un po' paradossale ma chiaro diventa ovvio che se ci fossero solo i soldi per fare l'insulina ai bambini diabetici o per fare il trapianto di capelli agli uomini calvi, nessuno oserebbe sostenere che il trapiando di capelli possa rientrare nei L.E.A.
Spesso però le Aziende Farmaceutiche sostengono associazioni di pazienti perchè lottino per l'inserimento nei L.E.A. delle ultime costosissime terapie piuttosto che per la diffusione capillare di vecchie terapie forse meno efficaci, non sempre con più effetti collaterali (di solito ci vogliono molti anni per scoprirli tutti) ma di sicuro meno costose.
Tutto questo non è nell'interesse dei pazienti.
Nessun commento:
Posta un commento